BAROMÈTRE RESTANY (dati Yves Klein e il resto)

Pierre Restany . 1978
arteideologia raccolta supplementi
made n.16 Ottobre 2018
LA RIPRESA DELLE OSTILITÀ
13
pagina
Un barometro europeo della pratica deviante

Per i suoi contemporanei Yves Klein e stato uno spietato barometro dei valori del gioco esistenziale e della pratica deviante, sia per la levatura della sua personalità che per I'efficacia del suo metodo.
Gli “acromi” di Piero Manzoni, ispirati dai monocromi, sono I'illustrazione pura e semplice della teoria dell'azzeramento di Vincenzo Agnetti. Manzoni è arrivato a toccare il grado zero della espressività pittorica in quanto “tabula rasa” e punto di partenza per Ie sue incursioni nell'arte del comportamento e ciò con risultati felici (il personaggio non mancava ne di immaginazione ne di intelligenza) anche se non sempre. Manzoni ha proposto la “merda” dopo che Yves Klein aveva proposto il “Vuoto”  — piccolo appunto di cronaca [sic!].
La vera disavventura di Manzoni è di essere nato nel 1933, cinque anni dopo Yves Klein, e di essere morto nel 1963, un anno dopo di lui, avuta, come punto di partenza, la rivelazione, relativamente tardiva, della “Epoque Bleue” a Milano nel 1957. I cinque ultimi anni di vita hanno valso a Manzoni una carriera e un nome, ma non gli hanno permesso di superare il distacco.
L'opera di Lucio Fontana, per molti aspetti avvincente, subisce lo stesso ridimensionamento.
II suo spazialismo è un futurismo aggiornato, i suoi "Concetti Spaziali" non sono che eleganti metafore sostitutive: I'aggressione fisica alla tela maschera un semplice transfert di linguaggio operate nel quadro della composizione classica, sulla base delle equivalenze taglio-linea, buco-punto. La serie degli Ovali perforati intitolata “Fine di Dio” merita forse questo nome: ma non è la Fine dell'Arte [sic!].
I protagonisti del Gruppo Zero di Dusseldorf, Piene, Mack e Decker, si erano sensibilizzati al messaggio di Yves KIein. Effettivamente la loro evoluzione dal 1960 in avanti ha provato che non erano, a parte Decker, che degli occasionali franchi tiratori dell'arte cinetica. Arte cinetica che, è chiaro, vivo Yves KIein ha assunto una posizione di totale rigetto, di totale allergia nei suoi riguardi. Una sola eccezione, ma di prim'ordine, poiché si tratta del più sottile deviante del volontarismo geometrico: Soto, che nel 1960 dichiara, a proposito delle impronte «antropometriche» dell'Epoque Bleue, che “nessun pittore contemporaneo è arrivato a proporre una figurazione così potente". Sarei anche tentato a credere che un caso di dissidenza ottico-cinetica come quello di Francesco Lo Savio(1935-1963) — che allora, a Roma, mi aveva colpito — meriterebbe I'esame più urgente ed attento, nella prospettiva della ricerca primaria e "minimal" che egli anticipò già dal 1959.
La carriera di Yves KIein, lui vivo, è stata una serie di scandali. La persistente allergia del grande pubblico non ha impedito tuttavia numerosi e importanti incontri individuali, contatti e collaborazioni positive con altri pittori e altri progettisti, soprattutto architetti (Werner Ruhnau, Claude Parent). Non mi sorprenderebbe che gli umanisti/tecnologi del futuro salutassero in KIein un pioniere de “I'aria più pesante dell'aria” e della climatizzazione di grandi spazi geografici, a scala planetaria. KIein architetto dell'aria costituisce un caso unico di transfert integrale della funzione deviante plastico-semantica nel campo della ricerca architettonica e della urbanistica planetaria: non siamo, dopotutto, molto lontani dallo spirito del Merzbau, né da quello della pianificazione urbanistica programmata da Dada Berlino: ma la scala è un'altra. Claude Parent osserva giustamente che in KIein si trova, derivata dalla idea stessa di distruzione totale della architettura tradizionale, I'idea della azione sulla natura mediante la liberazione del suolo a livello della superficie terrestre, e del condizionamento dello spazio mediante I'emergere di straordinari congegni celati nelle viscere della terra. L'architetto della «funzione obliqua» (Parent) constata che con questo Eden tecnico KIein mira in verità a distruggere due invarianti della nostra civiltà:
1/ I'involucro architettonico delle pareti, dei divisori, della copertura, che ancora serve a isolare uno spazio;
2/ I'intimità personale e familiare, in favore di nuovi rapporti, da scoprire [sic!].
Ecco un punto da tener presente se vogliamo fare delle anticipazioni sulle ipotesi di una «altra faccia» dell'habitat del futuro che emergeranno da critiche basilari dell'ambiente attuale, come quella di Hundertwasser con Ie sue manifestazioni anti-razionaliste (nell'ottica di una sintesi sociologica) come quelle di J.M. Sanejouand con i suoi progetti di organizzazione dello spazio.
II riferimento alla kleiniana architettura dell'aria, nel caso di questi due artisti marginai di forte personalità ha il significato del rivelare la devianza: il Manifesto de la Moisissure di Hundertwasser (Seckau, 4 luglio 58) e il grido di Sanejouand "I'arte è morta, viva I'arte, I'arte di vivere” rivelano il loro significato intero in una proiezione prospettica sul futuro [sic!].
Gli esempi “rivelatori” abbondano, soprattutto a posteriori, poiché la morte ha reso giustizia a KIein facendo cessare lo scandalo e rovesciando I’opinione: il “Monocromo” è passato, senza transizioni, dalla controversia alla leggenda. E', beninteso, fra i Nouveaux Réalistes, amici intimi e compagni di azione collettiva, che Yves KIein ha esercitato I'azione più diretta. 

1960: Apertura del linguaggio
mediante il battesimo artistico dell'oggetto  

II 1960 — visto oggi come anno-cardine del dopo-guerra parigino — è stato un anno di grande effervescenza. Esplodono nel 1960 avvenimenti determinanti preparati da lunghi percorsi sotterranei — percorsi individuali sboccati poi in una azione comune. Nel momento stesso in cui sembra che il volontarismo dell’arte astratta debba trionfare su tutta la linea, la nuova generazione di artisti — quella fra i 30 e i 40, quella di Yves Klein — rimette radicalmente in discussione Ie gerarchie di valore non-figurative.
1960: il "Tout-Paris" scopre Kandinski al Musée National d'Art Moderne, Mathieu al Musée Municipal, Vasarely alle Arts Decoratifs, e il clou della stazione [stagione?] è I'esposizione Soulages alla Galerie de France.
Ma questa apoteosi non è che apparenza. La generazione di Yves Klein non si riconosce nel volontarismo di questi maestri consacrati che vogliono imporle I'evasione nei loro spazi immaginari. Si sente molto più vicina alla contemporanea generazione americana — quella di Rauschenberg e del neo-dada — con cui condivide una visione delle cose che si ispira al senso della natura moderna, la natura della fabbrica e della città, della pubblicità e dei mass media, della scienza e della tecnica, del mondo del consumo.
II fatto è di importanza fondamentale. Quindici anni di guerra fredda fra mercanti parigini e mercanti newyorkesi avevano virtualmente tagliato i ponti fra Ie due metropoli. La loro durissima rivalità commerciale aveva portato ad una quasi totale rottura di rapporti — rapporti umani — fra gli action painters americani ed i loro omologhi informali europei. Per una intera generazione, quella del 45, la diffusione della informazione era stata bloccata dallo sciovinismo del mercato. Ora, nel 1960, cambia il vento. Gli artisti della nuova generazione sembrano interessati all'esame dei propri punti in comune: constatazione dell'esaurimento gestuale dello stile espressionista astratto, scoperta di un senso moderno della natura.
Tuttavia, Ie differenze esistono. Derivano da processi culturali in contrasto.
La Prima Rivoluzione Industriale è ciò che ha fatto dell'America una nazione: questo “senso della natura moderna”, nel 1960, rientra nella logica della storia delle idee americana: la funzione deviante neo-dada prepara alla pop art, che appare come espressione di una cultura industriale arrivata alla maturità, e come folklore nazionale.
In Europa, dove due guerre mondiali successive hanno imposto di forza un nuovo paesaggio urbano, la natura moderna appare come una scoperta (della sensibilità) e come una rottura (filosofica) — espressione di una giovinezza ritrovata al prezzo di due sacrifici, epperciò ancor più affascinante. Nel Nouveau Réalisme si esprime il desiderio collettivo di assumere la modernità del momento, la doppia dimensione della funzione deviante, ricreazione plastica e fissione semantica.
Negli americani del 1960 vi è una maggiore preoccupazione estetica, un senso della continuità nella evoluzione, attraverso “ripetizioni differenti” — e vi è anche stima per gli anziani, per coloro che han fatto di New York la capitale dell'arte contemporanea. Ben più estremista, agli inizi, I'atteggiamento deviante degli europei: nessuna particolare considerazione per Ie personalità, poco carismatiche, della generazione precedente.
Sono sfumature, ma evidenti, queste diversità fra i Nouveaux Réalistes parigini e i neo-dadaisti newyorkesi, tra un Rauschenberg e un Yves Klein, tra un Tinguely e uno Stankiewicz — tra una cera di Jasper Johns e un manifesto lacerato di Hains o di Rotella, fra una compressione di César e una scultura di Chamberlain.
Tuttavia europei e americani condividono un dato di base, emotivo e sensoriale, sul quale s'è fondato l'incontro e lo scambio: un umanesimo tecnologico generoso ma lucido su cui poggia l’intera tattica del gioco esistenziale, e in cui si mescolano fascino e derisione, fantasia e controllo, differenza e indifferenza.
Nella sua "Architecture de I'Air" Yves Klein immagina un ritorno alla natura in un Eden tecnologico. Nel 1966 Rauschenberg fonda, a New York, insieme a Billy Kluver, I'E.A.T. (Experiments in Art and Technology), e organizza “9 Evenings" artistico-tecnologici al 69th Regiment Armory, la caserma delI'Armory Show.
Negli anni 50-60 a Parigi si aveva I'impressione che il dibattito sull'arte si situasse all'interno della linea volontarista astratta, fra “caldi” (informali, lirici) e “freddi” (geometrici, cinetici). Nessuno o quasi si occupò di coloro per i quali il mondo circostante e Ie sue forme costituiva il fondamento di una espressione autonoma. Chi conduceva queste sparse ricerche devianti erano dei personaggi che si sarebbero poi affermati, avrebbero poi creato il nucleo centrale del gruppo dei Nouveaux Réalistes.
Gia dal 49 Hains e Villeglé fanno la “scelta” dei loro primi “manifesti lacerati”, strappandoli dai muri.
Tinguely, arrivato a Parigi da Basilea nel 53, precede nelle sue ricerche sul movimento e sull’animazione degli objet trouvés (Takis, il cui percorso ostinato e solitario ha spesso sfiorato quello dei Nouveaux Réalistes senza mai integrarvisi, arriva ad Atene, un anno dopo e inaugura, nel ’58, le sue “scultura magnetiche”).
Nel 1946, a Nizza, Yves Klein aveva avuto la prima intuizione di quella che sarà la sua teoria della impregnazione universale attraverso il colore puro, e aveva realizzato i suoi primi tentativi di pastelli monocromi, preambolo alla folgorante carriera [sic!] che lo attenderà al suo definitivo ritorno a Parigi, tra il 1955 e il 1962.
Mentre New York scopre i combine di Rauschenberg e Ie bandiere di Jasper Johns, Ie sculture-assemblage di Stankiewicz e i primi happenings di Kaprow, Oldenburg e Dine, Parigi esperimenta convergenze parallele. Dopo la "Minute de Vérité” (Colette Allendy, 1956) e l'«Epoque Bleue» (1957 Milano, Parigi, Dusseldorf, Londra), Yves Klein realizza la sua esposizione del Vuoto (1958); Hains e Villeglé organizzano nel 1957 la loro retrospettiva antologica di manifesti lacerati (Colette Allendy, “Loi du 29 Juillet 1881”); I'incontro Yves Klein-Tinguely, illustrate dalla mostra “Vitesse Pure et Stabilité Monochrome" (Iris Clert 1958) doveva segnare una svolta nell'opera dello scultore svizzero. >
> Dopo i "Métamatics" del 1959 (macchine per dipingere astratto), Tinguely esegue, nel marzo 1960, il suo “Hommage à New York”, grande scultura-assemblage ad auto-distruzione, nella corte del MOMA, mentre Arman intraprende a Nizza Ie sue prime “accumulazioni” di oggetti, e reaIizza a Parigi I'antitesi del Vuoto di Klein, la mostra del Pieno (ottobre).
II 1960 è anche l'anno dei quadri-trappola di Spoerri, del tiro al bersaglio di Niki de Saint-Phalle, dei nuovi sviluppi operativi di Martial Raysse (assemblages-ready made), di Christo (bidoni e pacchi), di Deschamps (patchworks). Rotella, che fino a quel momento aveva lavorato solitario a Roma (nel 1953 e 54 aveva mostrato i suoi primi manifesti, mentre Rauschenberg esponeva alla galleria dell'Obelisco Ie sue pitture-collage) entra per mio tramite in contatto con i suoi colleghi parigini Hains e Villeglé, ai quali si era unito nel 1957 il poeta ultra-Iettrista Dufrêne.
Al Salon de Mai del 1960 César crea lo scandalo dell'anno: mentre tutti si aspettano da lui una nuova dimostrazione della sua maestria nel metallo saldato, César presenta Ie sue nuove sculture: automobili “pressate” in balle da 1 t.
Davanti al fronte volontarista, i devianti serrano i ranghi.
E' in casa di Yves Klein che io fondo, il 27 ottobre, il gruppo dei Nouveaux Réalistes, in presenza di Arman, Dufrêne, Hains, Yves Klein, Martial Raysse, Spoerri, Tinguely e Villeglé. Mancano César e Rotella, invitati anch'essi: parteciperanno alle successive manifestazioni del gruppo, al quale si uniranno inoltre, più tardi, Niki de Saint-Phalle (1961), Christo e Deschamps (1962).
La dichiarazione di costituzione del gruppo, da me redatta in nove esemplari, firmati dagli aderenti presenti, diceva:
« Oggi, giovedì 27 ottobre 1960, i Nouveaux Réalistes hanno preso coscienza della propria Singolarità collettiva. Nouveau Réalisme = nuovi approcci percettivi al reale ».

Dei nove esemplari, tirati a sorte dai membri fondatori, sette erano in carta blu I.K.B., uno in carta rosa, uno in carta d'oro. La Carta del Nouveau Réalisme si vale, come supporto scritto, della trilogia fondamentale dei colori di Klein. L'intenzione del Monocromo è chiara: voleva, per impregnazione, fare dei Nouveaux Réalistes gli agenti attivi della "Revolution Bleue” della mutazione della sensibilità planetaria. Quanto alla "Revolution Bleue”, i Nouveaux Réalistes sconvolsero il clima artistico parigino, smantellarono il fronte volontarista della Ecole de Paris, e instaurarono rapporti diretti con i neo-dadaisti e i pop di New York. La prima mostra di Jasper Johns a Parigi è del 1959, quelle di Stankiewicz e di Rauschenberg del 1961. Le mostre individuali e collettive si moltiplicheranno, ormai, da una parte e dall'altra dell'Atlantico.
La durata della collaborazione attiva del gruppo fu breve: 1960-1963. Ma fu decisiva per la evoluzione della linea volontarista quanto per quella della funzione deviante. La storia del Nouveau Réalisme è contrassegnata da due festivals: Nizza (1961) e Monaco (1963).
Un terzo festival, commemorativo, si svolgerà a Milano nel 1970, in occasione del decimo anniversario della fondazione del movimento.
I festivals includono, oltre ad una esposizione collettiva, delle "actions-spectacles" il cui carattere si diversifica profondamente da quello degli happenings nella misura in cui corrisponde ad un esercizio di stile, alla verifica pratica di un sistema linguistico. I Nouveaux Réalistes hanno fatto largo uso di questo genere di dimostrazione pubblica, anche al difuori dei festivals. Le "actions spectacles" di Yves Klein sono ben note, dalI'epoca blu al vuoto, alle impronte: a Parigi nel 1960, alla Galerie Internazionale d’Art Contemporain, Yves Kleyn regola al suono della Synphonie Monoton i movimenti dei suoi modelli nudi che portano sul corpo le tracce della pittura blu. Tinguely è il grande specialista dello spettacolo meccanico. In quanto a Christo, i suoi impacchettagli pubblici assumono la dimensione grandiosa che conosciamo a partire dal 1964, anno in cui Christo si stabilisce definitivamente in USA.
Non parliamo delle "compressioni" e delle «espansioni" di César: il poliuretano espanso spinge il più grande scultore del secolo [sic!] ai quattro angoli del mondo. Dopo il Pieno del 1960 (la galleria Iris Clert colma dal pavimento al soffitto di oggetti di scarto di ogni genere) Arman realizza Ie ”coléres” fracassatorie di mobili, di strumenti musicali, di apparecchi televisivi, perfino di appartamenti (I'ha fatto con un appartamento di tre locali + cucina). I “repas-pièges” di Spoerri (pasti-trappola), inaugurati nel 1963 insieme al ristorante della Galerie J, sono leggendari: dopo aver cucinato per i suoi invitati, lo “chef” Spoerri incolla al posto di ognuno i rispettivi avanzi del pasto. I tiri di Niki de Saint-PhalIe (tiri al bersaglio con la carabina), soprattutto quelli alla galleria J, la resero celebre dalla sera alla mattina. La «scelta» dei manifesti lacerati e il loro décollage sui muri, è una "action-spectacle" continua.
Nella "action-spectacle" dei Nouveaux Réalistes la dimostrazione linguistica è evidente, e molto significativa delle preoccupazioni del gruppo.
Ognuno dei protagonist! si afferma, in partenza, con un gesto estremo (ed estremista) di appropriazione del reale (la monocromia, il motore, I'accumulazione, la compressione, il tableau-piège, il pacco, il manifesto lacerato, ecc.) e su di esso fonda poi I'intero sistema sintattico del proprio linguaggio. L'uso in assoluto della funzione deviante tende a creare una logica interna della devianza, e ciò spiega il successo, qualitativo e quantitativo, dei Nouveaux Réalistes e la loro rapida consacrazione. Lo stile «Nouveaux Réalistes» si è imposto come corrente dominante degli anni 60, ed è probabile che questo battesimo artistico dell'oggetto resterà uno dei segni più proprii dell'arte del ventesimo secolo.
Tre famiglie mentali si ritrovano in seno al Nouveau Réalisme.
La prima tende ad imporre un metodo di percezione, a strutturare un linguaggio della sensibilità: il linguaggio della quantità portato alla soglia del qualitativo (Klein, Arman, César, Christo). E' cio che Martial Raysse, nel periodo in cui aderiva al Nouveau Réalisme, definiva come "igiene della visione".
La seconda famiglia raggruppa i “metteurs en scene" della natura moderna intorno a Tinguely e alle sue macchine in apparenza inutili ma la cui finalità è la messa in evidenza di un comportamento meccanico caratteriale. Niki de Saint-Phalle con i suoi “reliefs-cibles” (rilievi-bersaglio), Spoerri con i .suoi “tableaux-pièges” sono dei bricoleurs della metamorfosi permanente.
La terza famiglia dei Nouveaux Réalistes è quella che comprende i “metteurs en page" della natura moderna, i voyeurs-poeti per i quali il mondo della strada è un quadro in elaborazione continua: Hains, Villeglé, Dufrene, Deschamps, Rotella.
Al gesto di appropriazione è strettamente legata la catena delle corrispondenti fissioni semantiche. In questo accordo plastico/semantico sta uno degli aspetti più significativi del Nouveau Réalisme.
Arman non solo si appropria del ready made, ma lo integra a un lessico specifico, determinato dalla scelta dell'oggetto di base. A ogni oggetto corrisponde una soglia espressiva, nella accumulazione o nella distruzione, ed è questa soglia che determina il lessico. In questo sistema I'oggetto diventa, nelle sue interdipendenze, una unità autonoma: una unità lessicale. L'auto-espressività dell'oggetto non ha altri limiti che quelli delle proprie fissioni semantiche, ma tali fissioni non sono illimitate.
Dal rispetto di questa regola sono nati alcuni dei capolavori più puri dell'arte del ventesimo secolo [sic!]. Ma questa regola lega, senza scampo, il destino dell'homo ludens al destino dell'homo faber o, più esattamente, il destino del predatore a quello della preda [sic!].
Colui che guarda fa arte ma diventando fabbricatore del proprio linguaggio diventa direttamente solidale e responsabile del proprio laboratorio mentale, in cui si opera la “rivoluzione dello sguardo”.
Nessun gioco di parole cancellerà mai la regola del gioco di oggetti.
Questa parafrasi alla Mallarmé è la ferrea legge del Nouveau Réalisme e il limite, insuperabile [sic!], della sua devianza. Ammenocché la regola del gioco di oggetti non sia la dematerializzazione dell'oggetto stesso.
Questa è la tentazione onnipresente, nei Nouveaux Réalistes, il sogno e la illusione delle “colères“, delle macchine ad auto-distruzione, degli impacchettaggi, dei tiri al bersaglio, dei manifesti lacerati.
Ma si tratta di una dematerializzazione effimera, di un furtivo e passeggero momento-zero del frammento (caro soprattutto ad Hains, alla sua mitologia esplosa), di un tutto che diviene parte. Ma, a sua volta, la parte sarà presa per il tutto.
La dematerializzazione è lo straordinario privilegio dell’Oggetto assoluto, l’energia cosmica, la vita.

pagina


[sic!] - I sic! nelle parentesi quadre indicano dei punti in cui avremmo voluto introdurre delle note a commento, che poi abbiamo preferito lasciare nelle forme verbali in cui sono state espresse nel corso della lavorazione redazionale.